Ritorno a Kasiha - Seconda Parte
Capitolo Primo
Il club
Giada ci mise molto di più dei cinque minuti previsti per affidare le nipotine alla baby-sitter e questo fece spazientire Jo, che nell’attesa del ritorno della donna restò seduto in macchina in compagnia dell’ammiraglio Gerison. I due uomini discussero del più e del meno e John si dovette sorbire anche un barbosissimo soliloquio del suo interlocutore, relativo alle eccellenti doti del genero ufficiale di marina, prossimo al comando di un modernissimo cacciatorpediniere-lanciamissili di ultima generazione. Tutti quei termini tecnici, quei nuovi sistemi operativi e d’arma elencati dall’ammiraglio Gerison, per Jo erano cosa totalmente sconosciuta. Il suo interesse relativo ai mezzi della marina militare era finito ormai da un decennio circa, da quando il comando centrale delle capitanerie si era rifiutato di sostituire l’ormai vetusta e obsoleta motovedetta Orion. Una cosa comunque ci tenne a dirla, l’ex comandante Thompson all’ammiraglio delle capitanerie:
“Parlando di nuove imbarcazioni, le voglio dire una cosa. L’isola di Groote Eylandt e la marina militare dovrebbero elogiare il buon Smith. Grazie alle sue “amorevoli” cure manutentive, è riuscito da solo a tenere a galla per tutti questi anni la vecchia bagnarola in dotazione. Il suo predecessore valutò negativamente la mia proposta d’acquistare un nuovo mezzo, tempo addietro. Ovviamente ciò all’epoca mi mandò su tutte le furie! Gerison, non pensa che sia l’ora della pensione anche per l’Orion? Suvvia, la sostituisca con una motovedetta più moderna ed efficiente! È lei che comanda, giusto?”
“Questo è un altro discorso Thompson. Capisco il suo disappunto, ma la politica navale internazionale esula da quella interna. Ho, come si suol dire, le mani legate. I mezzi finanziari di cui disponiamo come guardia costiera sono esigui, la vedo dura riuscire in tempi brevi a sostituire le vecchie motovedette americane classe Nelson. John passi davanti, si sieda qua vicino a me” , rispose Albert osservando Jo dallo specchietto retrovisore, visibilmente seccato per la risposta negativa ottenuta.
John si sedette in parte all’uomo, chiuse la portiera, si accese una sigaretta e cambiò argomento di discussione:
“Gerison, lo vede questo foglio? Qui sopra ho un’informazione importantissima da comunicare a Taylor. Se non erro è stato proprio lei a dirmi che qualsiasi cosa possa essere d’importanza per la salvezza dei kasika ha priorità su tutto, quindi mi stia a sentire, appena arriviamo al club ho bisogno di parlare con lui. In questo mi può aiutare?”, domandò con tono sarcastico.
“Certo, appena mia moglie si sbriga! Aveva detto cinque minuti, ne sono già passati venticinque”, sospirò profondamente Albert tamburellando nervosamente le dita sul volante. “Fortuna che io ed il vecchio George siamo amici da una vita ed è abituato ai miei ritardi”, rispose Albert riferendosi all’ammiraglio Edison, suo vecchio commilitone fin dai tempi dell’accademia militare.
Giada arrivò di corsa, stretta nel suo succinto abito da sera giallo. Prese posto sul sedile posteriore, rimanendo impegnata per alcuni secondi in buffe contorsioni, nell’intento di sostituire le ciabatte da casa con un paio di scarpe col tacco dello stesso colore del vestito. Manovre che attirarono l’attenzione di Jo, il quale si accorse solo in quel frangente di quanto fosse affascinante ed attraente la signora Gerison. Quest’ultima fece cenno al marito che era tutto a posto e si scusò della prolungata attesa, imputandone la colpa alla tata delle bimbe:
“Signori miei perdonatemi, ma Jessica, che sarà anche una brava ragazza, non capisce proprio niente. Sempre le stesse cose bisogna dirle, eppure sono già due anni che fa da baby-sitter ai miei angioletti”
La parola “angioletti” fece sorridere Jo, che si sentì sollevato di proseguire il viaggio senza quelle due bambine indemoniate al suo fianco. Ormai ne era certo, non sopportava i bambini! All’età di cinquantasette anni, era anche sicuro che la paternità non avrebbe mai più potuto essere un suo “problema”. Quello di avere o no dei figli, era un altro di quei temi che era meglio evitare con Sally. Lui sapeva che la sua giovane compagna, prima o poi, sarebbe tornata “alla carica” sul discorso di mettere su famiglia, ma sapeva anche di essere stato chiaro fin da subito. Ogni volta che la fidanzata tutto pepe toccava l’argomento, le rispondeva sempre che non aveva le qualità per essere un buon padre. Gli unici pargoli con cui aveva avuto a che fare in vita sua, erano i figli di Smith e Miller, che conosceva fin dalla più tenera età, essendo stato nominato, suo malgrado, padrino in occasione delle loro prime comunioni. Ora che Martin e Simon erano due adolescenti ribelli, poteva comportarsi come lo “zio simpatico”, che per fare un dispetto ai rispettivi padri, dava loro di nascosto da bere e da fumare e gli insegnava i trucchi del poker, il tutto tra i rimproveri di Sally.
“Va bene Giada, andiamo adesso che è tardissimo. E lei, John, non ha detto che deve fare una telefonata importante?”, disse Albert rivolgendosi ai due.
“Giusto! Allora andiamo, non facciamoci attendere troppo, sarebbe scortese”, rispose Jo spegnendo la sigaretta nel posacenere, sfoderando un grosso sorriso rivolto alla donna seduta dietro. Gerison finalmente mise in moto l’auto e partì a razzo, sgommando sul vialetto di fronte alla casa del genero.
Il Royal Navy Club era situato all’interno di una rigogliosa tenuta che si affacciava sulla baia di Sydney, a poco meno di dieci minuti di macchina dalla trafficata città. Giunti davanti all’insegna del club, Gerison mostrò il lasciapassare dell’auto al personale di servizio, che gli aprì la pesante cancellata. L’utilitaria percorse un viale illuminato costeggiato a destra da bellissime aiuole e da una curatissima area verde, mentre, a sinistra, lo sguardo di Jo venne rapito da un suggestivo lungomare con le luci della città a fargli da sfondo. La strada poi terminava proprio di fronte all’esclusiva associazione nautica e al porticciolo adiacente. Parcheggiata l’auto, i tre scesero e si diressero verso l’ingresso. La sede del circolo era una costruzione di mattoni rossi a tre piani, simile ad un cottage britannico. Appena varcarono il bellissimo portone bianco, si ritrovarono nell’atrio dell’edificio arredato in stile marittimo, dove trovarono Mr. Edmond, il responsabile del club, immerso in un’animata discussione con altri due soci. Edmond, lo storico gestore del circolo, era un anziano uomo d’affari in pensione, appassionato di vela e motonautica. Celebre per la sua eleganza e per l’abbigliamento sempre impeccabile, quella sera sfoggiava un blazer scuro con ricamato sul taschino lo stemma del club, pantaloni e camicia bianca, scarpe da vela e al collo un appariscente foulard giallo. Accortosi della presenza dei coniugi Gerison e di Jo, Edmond si congedò dai suoi interlocutori e si avviò verso di loro a passo svelto, accogliendoli calorosamente:
“Buona sera Signora Gerison, bellissima ed elegantissima come sempre. Ammiraglio Gerison, l’ammiraglio Edison la sta aspettando nella sala lettura”
Poi Edmond si rivolse a Jo con voce squillante, stringendogli con vigore la mano:
“Lei è il Signor Thompson? Certo, chi altri potrebbe essere. Mi permetta di porgerle i miei omaggi ed il benvenuto al Royal Navy Club. Le consegno la tessera di socio onorario. Spero di avere il piacere di conversare con lei uno di questi giorni, voci autorevoli mi hanno detto che è una persona molto importante per il nostro paese!”
Jo, preso alla sprovvista dalla cortesia inaspettata di Mr. Edmond, pronunciò un timido “Grazie!” e ritirò dalle mani dell’uomo un simpatico “member kit”, il quale includeva un’agenda, una penna stilografica e un portadocumenti utile per la sua nuova tessera.
Le attenzioni dell’anziano responsabile della struttura si rivolsero poi a Giada. Esibendosi in un galante baciamano, le sussurrò con tono pacato:
“Signora Gerison le ho già detto che stasera in giallo sta benissimo? Quest’abito mette in risalto i suoi bellissimi ricci biondi ed i suoi occhi azzurri. D’altronde il giallo è il colore del sole, dell’energia positiva, di chi è in pace con se stesso; e poi si abbina perfettamente alle belle persone come noi”, proferì Edmond sorridendo a trentadue denti, toccando lo sgargiante fazzoletto che portava al collo.
Nel frattempo, un giovane maggiordomo ritirò i loro cappotti e gli oggetti di Jo appena ricevuti in omaggio. Giada ringraziò elegantemente il gestore per i complimenti riscossi e spiegò a John l’utilità e l’importanza di un club come il Royal Navy, che oltre ad essere un circolo prestigioso frequentato dalle più alte cariche e personalità australiane, era anche attivo nel sociale con numerose campagne per le più disparate cause benefiche. La donna, accortasi dell’interesse di Jo, lo condusse alla bacheca dove era affissa una locandina inerente ad una lotteria per la raccolta fondi a favore delle popolazioni aborigene, con lo scopo di costruire delle scuole ad uso esclusivo dei nativi all’interno della riserva.
Albert, approfittando dell’allontanamento dei due, prese in disparte Edmond e allarmato gli domandò:
“Senta, mi scusi, di che umore è? Anche stasera l’ho fatto aspettare più del dovuto, avevamo appuntamento per le ventuno. Lui odia i ritardi. Non mi abituerò mai al traffico di questa città, maledizione”
“Stia tranquillo Ammiraglio, è di buon umore. Inoltre è in compagnia della moglie, non penso che ci renderà partecipi di qualche sfuriata delle sue. La cena è stata prenotata per le ventuno e quarantacinque. Pensi, mi ha fatto anche ordinare un dolce in onore del vostro ospite! Mi ha detto che è una persona importante questo John Thompson, anche se ad essere sincero in quindici anni che gestisco il club, non l’ho né mai visto di persona, né ho sentito parlare di quest’uomo. Adesso, riceve per conto del presidente la tessera di socio onorario... Strano, non trova?”
“Edmond mi dispiace ma da me non avrà altra informazione sul conto del Signor Thompson se non quella che già sa, ovvero che è un ex ammiraglio in congedo di Darwin. Poi ormai ho imparato a conoscere che tipo di persona è lei, sa caro Edmond? Sono sicuro che ha già svolto le sue indagini sul vecchio John, attingendo informazioni sul suo conto da tutte le conoscenze altolocate di cui dispone. O mi sbaglio?”
Stupito di tali affermazioni, Edmond rispose di rimando:
“Albert, così lei mi offende! Mi sta dando dell’impiccione? Mi sembra più che legittimo chiedere informazioni su chi entra nella nostra casa, non crede? Le serve qualcos’altro, ammiraglio? Ora devo dedicarmi alle attività del circolo, è in programma per le ventidue la serata danzante, sono in attesa degli orchestrali; inoltre, il ristorante è pieno, al terzo piano è in corso un torneo di scacchi e al porticciolo è previsto l’ormeggio di due yacht per le due di questa notte. Come vede, non ho tempo per fare l’ispettore di polizia e di indagare sui nostri soci”
“Chiedo venia Mr. Edmond, non volevo essere scortese”, si scusò Gerison.
“A dopo caro mio. Ah, quasi dimenticavo, Thompson deve fare una telefonata. Se ne occupa lei?”
“Certo, comunque gli dica pure che può usare il telefono pubblico nel corridoio, ma nel caso in cui avesse necessità di un posto più tranquillo, può servirsi senza problemi di quello nel mio ufficio al pian terreno. Mi faccia sapere”
Albert congedò Edmond, con un’affettuosa pacca sulla spalla, ma non appena l’anziano gestore si voltò, una smorfia di insofferenza apparve sul suo volto. Egli sapeva benissimo che Edmond era un tipo a cui piaceva avere sempre tutto sotto controllo, perciò un nuovo socio sbucato dal nulla era per lui un mistero da risolvere al più presto, senza badare ad inutili sottigliezze. Non avrebbe mollato la sua preda finché non fosse riuscito a colmare l’insana sete di curiosità.
A passo svelto, controllando l’orologio, Gerison raggiunse la moglie:
“Ora è meglio se andiamo, siamo già in abbondante ritardo. Ti farà piacere sapere che c’è anche Charlotte insieme a George, così potrete discutere a riguardo del progetto per la costruzione della scuola destinata agli aborigeni che ti sta tanto a cuore”
Insieme a Jo, che girava e rigirava nelle mani il suo nuovo tesserino di socio e si domandava perplesso come avessero fatto a recuperare quella sua terrificante fototessera, salirono le scale che conducevano al primo piano, dove era situata la sala lettura.
Continua...
Grazie!