Ritorno a Kasiha (Capitolo Quinto)

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Ritorno a Kasiha

Capitolo Quinto

I Kasika

Jo spense la sigaretta e chiuse la finestra. Guardò con rassegnazione e scuotendo la testa i sette uomini presenti oltre a lui nella stanza e si tolse la giacca, allentò la cravatta e tornò a sedersi. In un solo sorso bevve tutto lo scotch nel bicchiere che, senza farci troppo caso, sbatté rumorosamente sul tavolo davanti a sé.

Lo incalzò subito l'agente del governo Taylor.

“Siamo rimasti al 6 marzo del 1943. Ammiraglio tocca a lei adesso, la sua deposizione per favore, noi siamo pronti”
“Bene, vediamo se la mia memoria è ancora quella di una volta. Fate partire pure quell'aggeggio”

Jo iniziò il suo lungo monologo, raccontando di quando lo Shark pattugliava un’area a Nord-Ovest della Nuova Zelanda, quella che sulla carta nautica era stata denominata con il nome di “Settore Charlie”. La missione era tanto semplice quanto pericolosa: pendolare alla profondità massima di 40 metri rotta est-ovest, con l’obiettivo d’individuare e silurare qualsiasi unità nemica. Nella navigazione in superficie, per la ricarica delle batterie, il sottomarino aveva il compito di comunicare alla postazione radio di Auckland tutti gli avvistamenti, sia navali che aerei, con particolare attenzione alle unità in ingresso e in uscita dal Mare di Tasman.


Il pomeriggio del 6 marzo il sommergibile navigava in superficie. Le condizioni meteo riportate dall'ultimo dispaccio di Sydney prevedevano cielo sereno, mare calmo e ottima visibilità, in pratica una stupenda giornata dell’autunno australe. All'epoca Jo era l’ufficiale di rotta dello Shark e per quel giorno il suo turno di guardia era previsto dalle 16:00 alle 18:00. Da marittimo aveva già attraversato il Mare di Tasman migliaia di volte, tante che la tratta Sydney- Auckland per lui non aveva segreti; dalla torretta di un sommergibile invece, era la prima volta. Quello era il suo primo incarico a bordo dello Shark, in quanto il sottomarino al quale era destinato di ruolo, il “Summer” di sede a Darwin, era in avaria, così Jo con un lungo viaggio in treno aveva raggiunto il suo nuovo equipaggio a Brisbane, assumendo l’incarico di comandante in seconda.

Aveva già all'attivo diverse missioni di guerra e numerosi scontri navali con le unità giapponesi nel Mar di Timor e vantava un’esperienza tale, che era prossimo ad avere il comando di un battello tuo suo, che con buone probabilità sarebbe stato proprio lo Shark. La splendida calda giornata non riusciva a cambiare l’umore di Jo, palesemente nervoso dopo una furibonda lite avuta con il suo comandante; quella guardia in torretta capitava a fagiolo, forse gli sarebbe servita anche per stemperare un po’ gli ardenti spiriti. Senza niente da bere né da fumare, quell'odore nauseabondo di venti giorni di navigazione che saliva dal boccaporto non contribuiva certo a migliorare il suo umore già cupo, quindi non gli restava che fare una sola cosa: rompere le palle al telegrafista di bordo, chiedendogli in continuazione il bollettino meteo. Forse così, sarebbe riuscito a scaricare un po’ della tensione accumulata.

Le previsioni meteo erano sbagliate, davanti a lui stava arrivando una perturbazione. Nubi nere coprirono il sole e una leggera foschia scese rapidamente sulla rotta dello Shark. Con il binocolo però, riusciva a intravedere chiaramente un’isola! Quasi correndo scese al tavolo di rotta per ben due volte facendo avanti e indietro dalla torretta, controllò la bussola, ricontrollò quattro volte il portolano e rifece ancora una volta il punto nave. Quell'isola, almeno sulla carta non doveva esistere, ma si trovava proprio lì, davanti a loro! Bisognava avvertire istantaneamente il comandante e rompere il silenzio radio, c’era la possibilità che lo Shark fosse finito fuori rotta. Era già pronto ad un’altra lite con il primo ufficiale, quando a dritta vide arrivare cinque scie che credette essere quelle provocate da altrettanti siluri. Lanciò immediatamente l’allarme ma ormai era troppo tardi, quelle cinque scie erano a meno di un miglio da lui, ma non sembravano siluri; più si avvicinavano, più metteva a fuoco ciò da cui erano provocate: enormi squali? Cetacei? Mostri marini? Jo non aveva mai visto in vita sua creature del genere, era terrorizzato. Sarebbe stato meglio fossero siluri, pensò.

“Immersione immediata”

fu l’ordine! Restò come impietrito quando a meno di quindici metri da lui vide le enormi fauci spalancate di quelle creature. Uno di loro si staccò dalla formazione, si diresse verso il battello e lo speronò a poppa facendolo sbandare a babordo. Jo sentì chiaramente il portellone sotto di lui chiudersi e improvvisamente si trovò in acqua. Annaspò come poté ma il peso del giaccone da navigazione e il risucchio del sommergibile in immersione lo spinsero rapidamente verso il fondo. Perse per un attimo i sensi e quando riaprì gli occhi non poteva credere a ciò che gli stava capitando. Era in fondo al mare dentro ad una bolla trasparente, circondato dalle cinque creature. Provò ad alzare lo sguardo verso la luce del sole che filtrava nel profondo blu e vide la sagoma del sommergibile che, nuovamente in superficie, si allontanava. Sapeva che la luce solare penetra soltanto fino a duecento metri, dopo di che la temperatura dell’acqua diminuisce drasticamente e la pressione aumenta. Come faceva ad essere vivo? E poi perché continuava a scendere, sempre più giù? Perché riusciva a respirare all'interno della bolla? Troppe erano le domande senza una risposta plausibile che correvano veloci nella sua mente, mentre intorno a lui stranissime creature luminose accompagnavano la discesa verso l’ignoto. I cinque mostri si passavano a colpi di coda la bolla d’aria dentro la quale Jo era al sicuro nelle profondità degli abissi, forse per un macabro gioco di cui non riusciva a comprenderne regole e motivi. Lo stavano forse portando nella loro tana per finirlo e divorarlo?
Lentamente, durante la discesa riuscì ad osservare più da vicino quelle strane creature. Saranno state lunghe dai dieci ai quindici metri; il corpo era di un colore tendente al grigio con striature rosse, affusolato come quello dei serpenti, mentre il dorso era interamente ricoperto da squame come i pesci. Le pinne dorsali erano piccole, ma la coda gigantesca, come per le balene. Le fauci, spaventose; una fila interminabile di denti aguzzi riempiva quelle orrende bocche. Jo era letteralmente terrorizzato, ma proprio nel momento di panico più acuto, arrivò alle sue orecchie una melodia bellissima ed estasiante; le creature stavano cantando e lui stranamente riusciva a comprendere quel canto soave e rilassante, gli sembrava chiaramente che i mostri marini stessero cantando note d’amore, felicità e speranza. All'improvviso, altre due bolle fecero la loro comparsa. In una delle due vi era una donna bellissima che sembrava essere una regina, la creatura più bella che Jo avesse mai visto in vita sua, mentre nell'altra una figura antropomorfa maschile che rievocava molto l’immagine di uno stregone o di un qualche tipo di sacerdote.Spegnendo il registratore, l’agente Taylor intervenne stoppando il racconto di Jo.

“Ammiraglio, le due foto risalgono a venerdì scorso. Queste due enormi creature, sono gli ultimi esemplari di Kasika rimasti al mondo. Eravamo convinti che fossero creature mitologiche, ma a quanto pare invece”...

“Dove li avete catturati?”, tagliò bruscamente Jo.

“In Alaska, erano spiaggiati sulla costa di un’isola deserta. Una nave oceanografica statunitense li ha individuati, raccolti e portati segretamente all'acquario di biologia marina di Los Angeles. Il governo degli Stati Uniti ha prontamente coperto l’avvenimento con la massima segretezza”, rispose l’agente Taylor.

“Quale sarà adesso il loro destino?”, domandò Jo con toni ruvidi.

“Stanno morendo. Probabilmente si sono persi, perciò pensiamo che debbano tornare al più presto a casa, a Kasiha, affinché vi sia per loro qualche speranza di recupero. Abbiamo motivo di credere che la loro sopravvivenza sia importantissima”, spiegò paziente Taylor.

“Perché?”, incalzò Jo.

“Perché pensiamo che le bolle, di cui lei ha potuto testare l’effettiva esistenza in prima persona, abbiano un potere terapeutico straordinario. La loro composizione è stata attentamente studiata da una equipe medica militare interforze, con l’appoggio di un paio di scienziati dell’Università della California, i quali hanno ovviamente prestato giuramento di silenzio e riservatezza. La sostanza principale di cui sono composte, attualmente sconosciuta al resto dell’umanità, potrebbe esserci d’aiuto nella cura di alcune malattie fino ad oggi ritenute incurabili; quindi a salvare vite umane”

“Scusate ma io che ruolo avrei io in tutto questo?”, continuò a domandare Jo sempre più incredulo.

Continua...

By kork75: https://steemit.com/ita/@kork75/ritorno-a-kasiha-capitolo-quinto-by-kork75


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