Ritorno a Kasiha
Capitolo Ottavo
Gente di mare
Forse per via dell’alcol o forse per l’atmosfera un po’ più rilassante che andava instaurandosi, Jo cominciò a sentirsi a suo agio. Inoltre, quasi stupito di sé stesso, si rese conto che ricordare i bei tempi passati gli piaceva. L’ammiraglio Edison stranamente si stava rivelando un uomo di compagnia, mostrandosi sempre più affascinato da Jo e dalla sua storia che ascoltava con interesse, interrompendola solamente per alcune curiosità e puntualizzazioni.
“Thompson se lo ricorda il suo primo imbarco?”, domandò Edison con un bel sorriso quasi malinconico. Jo, accendendosi l’ennesima sigaretta, rispose anche lui sorridendo, con un certo luccichio negli occhi.
“E come no... Martin ed io ci imbarcammo a Sydney. Era la prima volta che vedevo una grande città, ma il nostro soggiorno durò poco, trovammo la nostra nave già carica e pronta, ormeggiata in banchina. Nemmeno il tempo di ambientarci a bordo, che in meno di due giorni eravamo già in mare. Me la ricordo bene l’Atlantic, caro ammiraglio, magnifica nave”
L’Atlantic era una nave da carico, costruita nel 1921 in un cantiere svedese. Fu comprata da un armatore di Sydney e batteva bandiera danese. Un vero gioiello della cantieristica e dell’ingegneria dell’epoca: lunga centoventicinque metri e larga sedici, poteva raggiungere una velocità massima di dodici nodi. Nuova, moderna, scafo nero e paratie bianche, portava il nome dipinto color oro sulle fiancate. A poppa invece, sventolava fiera l’enorme bandiera danese. Non passava certo inosservata sulle banchine del porto. Jo e Martin non erano gli unici marinai dell’equipaggio dell’Atlantic, originari di Darwin. Dai Territori del Nord, provenivano anche il direttore di macchina Bobby Andersen e il cuoco Maximilian Brawn. In tutto, l’equipaggio che avrebbe solcato gli oceani di mezzo mondo a bordo di quella nave, era composto di venti elementi.
“Cosa trasportava generalmente l’Atlantic?”, seguì domandando Edison, sempre più curioso.
“Che cosa trasportavamo? Di tutto, secondo gli interessi economici dell’armatore! Nelle stive di quella nave ho visto entrare granaglie, carbone, automobili, opere d’arte e perfino pecore”, rispose Jo, trattenendo a stento grasse risate.
Quel lungo viaggio verso l’Europa John se lo ricordava bene, per lui fu un'esperienza unica, esattamente quella che cercava. L’Atlantic approdò in numerosi porti, che non avrebbe mai potuto dimenticare: Brisbane, Komodo, Singapore, Colombo, Dubai, Muscat, Aqaba, Alessandria d’Egitto, Santorini, Sebenico, Venezia, La Valletta, Civitavecchia, Genova, Cannes, Barcellona, Lisbona, Cork, Londra... Un totale di circa centocinquanta giorni di navigazione e numerose miglia percorse che servirono a formarlo professionalmente e a temprargli il carattere, sia come uomo che come marinaio.
Tanto erano veloci le tappe di quel viaggio, che Raggiunta l’Inghilterra e la sua capitale risalendo il Tamigi, Jo fece appena in tempo a conoscere sua zia Susan, che subito l’Atlantic era pronto a ripartire con destinazione Copenaghen. Approdati in Danimarca, la nave passò dal naviglio danese a quello australiano e così cambiò anche il nome in Adelaide. A poppa, per la prima volta sventolò la bandiera rossa della marineria australiana.
“Quando arrivammo a Londra, Martin mi abbandonò. Una sera mi salutò e decise di tornare in Galles, non lo rividi mai più, ma forse fu giusto così. Ormai ero diventato un uomo di mondo e un abile marinaio, dovevo camminare con le mie gambe. Le mie qualità furono riconosciute dal comandante che mi promosse ufficiale di guardia in plancia. Mancava solo l’esame per ufficializzare la mia nomina, ma per quello ci fu tempo. Il viaggio di ritorno, diamine, fu altrettanto lungo e avventuroso”,continuò Jo il suo racconto.A Santander sbarcò anche il cambusiere, Maximilian. Di Darwin erano rimasti solo Jo e il direttore, il vecchio Bobby. Fu sostituito a Cadice, da un simpaticissimo, scarsissimo e incompetente cuoco cantonese, Li-Ciu. Inizialmente il comandante Simpson pensò all'attraversata dell’oceano Atlantico e il successivo passaggio da Panama per un rapido ritorno in patria, in modo da compiere così la circumnavigazione del globo e scrivere quindi un pezzettino di storia della moderna marineria australiana. Purtroppo, però, la motonave riscontrò dei problemi strutturali e quindi non fu in grado di affrontare il viaggio oceanico. Fu dunque compito di Jo pianificare il rientro a Sydney, con alcune varianti rispetto all'andata, evitando perciò lunghe navigazioni in mare aperto.
“L’esame da ufficiale lo sostenni a Bombay, mesi dopo la partenza dall’Europa. Ricordo di quel giorno l'ansia che avevo addosso e il luogo in cui si tenne, uno schifoso e puzzolente ufficio dell’autorità portuale indiana. Lo superai a pieni voti, cazzo, ci potete giurare. Rientrati a Sydney però, purtroppo mi ritrovai senza un fottuto lavoro. L’armatore non mi riconfermò a bordo dell’Adelaide, spezzandomi il cuore, mi ero innamorato di quella nave. Giusto poco prima di andare in pensione, il vecchio Bobby pensò a me e grazie alle sue conoscenze, fu lui a trovarmi un nuovo imbarco e così divenni secondo ufficiale su una motonave che faceva avanti e indietro da Sydney ad Aukland. Con me portai il mitico cuoco cinese Li-Ciu, non avrei potuto fare a meno dei suoi “strepitosi” involtini primavera. Mamma mia che schifo signori... Era l’estate del 1924, ma ricordo tutto come fosse ieri” ...
Jo lavorò per diversi anni sul ferryboat Tasmania. Gli piaceva l’aria da belle époque che ancora si respirava a bordo e gli piaceva anche quell’incarico. Come ufficiale gli si richiedeva un’elevata competenza e professionalità sia nella condotta della nave, che nel far rispettare le norme di sicurezza; inoltre era lui il responsabile del carico e della gestione e dei rapporti con i passeggeri. Amava quell’approccio diretto e amichevole con i numerosi ospiti che settimanalmente si imbarcavano da e per l’Australia, soprattutto con le belle donne, specialmente quelle ricche e altolocate che viaggiavano in prima classe. Era frequente vederlo passeggiare sul ponte nelle ore libere dal servizio in dolce compagnia, oppure seduto al bar circondato da persone affascinate dai suoi racconti. Sempre in perfetto doppiopetto bianco, era impeccabile nell’aspetto e nei modi di fare, tanto che in pochi anni divenne un punto di riferimento per la compagnia e per l’intero equipaggio.
Sul Tasmania passai momenti indimenticabili, cari signori. Nelle lunghe serate di gala nel piccolo salone delle feste imparai anche a ballare il valzer, me lo insegnò una contessa inglese, che nelle successive notti m’insegnò anche a fare dell'altro, finché non ci scoprì il marito. Con il cornuto scaturì un diverbio che per poco non fini in rissa, ma per mia fortuna anche lui aveva qualcosa da farsi perdonare nei confronti della moglie e quindi passò tutto in cavalleria”
Intorno al tavolo scoppiò una fragorosa risata. Taylor sentenziò.
“Allora come dice il detto, Thompson, marinai donne e guai? Dovevano essere proprio bei tempi” ...
“Eh già signor Taylor, fu davvero un bel periodo. Inoltre, si era creato proprio un bel rapporto d’amicizia fra l’equipaggio, con Li-Ciu poi facevo coppia fissa al tavolo verde. Gli avevo insegnato a giocare a poker ed ogni sera ci spennava tutti, compreso qualche passeggero che, ormai habitué della tratta, era entrato a far parte della bisca. Se Li-Ciu fosse stato bravo in cucina come al poker, sarebbe presto diventato uno chef stellato conosciuto in mezzo mondo. Maledetto cinese” ...
Continua...
Un racconto by kork75
Saluti by kork75