Come ogni anno a giugno, a seconda dell'intensità delle piogge sulle montagne, inizia nella savana l'attesa per l'arrivo della grande piena: al ritmo di due chilometri al giorno l'acqua avanza, invadendo i canali, inghiottendo la prateria e creando un reticolato d’isole e lagune, riportando così in vita, anche solo per poche ore lembi di deserto. Il fascino del delta rapì da subito James; il suo biplano, prima di arrivare alla fattoria aveva sorvolato chilometri quadrati di quei canali, che grazie al gioco delle piene diventarono laghi o si riducevano a delle pozze fangose. James, dal bordo del veicolo osservò incuriosito quel mondo, un ecosistema popolato da migliaia di animali, che si spostavano in branchi seguendo le nuove piste dell'acqua. Eccitato dalla bellezza di quella natura selvaggia scattò numerose foto, ripetendo a gran voce che non vedeva l’ora d’immergersi nell'Africa della savana e del mito dei suoi micidiali predatori.
“Ehi guarda laggiù sulla destra… Un branco d’ippopotami”, urlò il pilota.
“Dove? In quella palude putrida? Li ho visti”, rispose James, indicando una pozza d’acqua marrone dove una decina di enormi mammiferi sguazzava pigramente.
“Palude? Amico non chiamarla palude. Per la tribù degli indigeni quella è la più limpida, trasparente e dissetante acqua che vedranno per mesi”, disse ridendo il pilota prima di dirigere il muso dell’aeroplano in direzione di un piccolo spazio privo di vegetazione: la pista d’atterraggio.
Il piccolo biposto di James atterrò ai margini del delta, e a un paio di chilometri da lì l’attendeva il villaggio con la fattoria di suo zio. Da alcuni anni le piogge erano scarse, ma quell'anno caddero abbondanti e la pista d’atterraggio ne risentì parecchio e così il biplano sobbalzò diverse volte sulle secche zolle di terra battuta. Ai margini dello spiazzo la Jeep di Akil il socio dello zio.
James scese con un salto dal velivolo, e borsone in spalla corse da Akil sbraitando a braccia aperte:
“Felice di rivederti, come stai? Dammi un forte abbraccio… Lo Zio? Tutto Ok?”
Akil scivolando dalla potente morsa di James replicò:
“Si grazie sto bene. Anche quel vecchio brontolone di tuo zio Fred sta bene e non vede l’ora di vederti. Ragazzo, quest’acqua ci voleva proprio… Una benedizione. Hai portato la tua macchina fotografica? Preparati farai un servizio bellissimo. Potrai ammirare la grande migrazione: migliaia di zebre, gnu, bufali, che risalgono verso nord lungo le piste segnate dall'acqua”
Poi rivolgendosi al pilota con una risata sarcastica lo pagò sentenziando:
“Quell’affare vola ancora?”
Il pilota sistemata l’attrezzatura di James sulla jeep rispose:
“Questo è il miglior aeroplano di tutta la savana!”
“A me non sembra… Ragazzo è un miracolo che sei arrivato vivo. Questo rottame è un pericolo, non le belve della prateria”, replicò Akil sorridendo a James.
“Vecchio zulù ignorante. Certo ha i suoi anni e poi lo sai che Il motore fa sempre le bizze prima del decollo, per farlo partire bisogna collegarlo con la batteria di una jeep!”
“Io ti lascerei qui…” Borbottò Akil aprendo il cofano del fuoristrada.
“Grazie!” Concluse il pilota.
Lungo lo sterrato che conduceva al ranch, James osservò come la piena aveva invaso la grande depressione e di come il marrone dei canali era inciso nella ferita giallastra della savana dove centinaia di acacie, erano state sepolte sott'acqua e migliaia di animali affollavano i pochi spazi asciutti della pianura. La jeep sobbalzava rumorosa sulle zolle di fango secco facendo fuggire tra i canneti gli uccelli acquatici e ogni animale che si trovava sul suo percorso.
“Li vedi gli erbivori come si muovono vigili? Sono in attesa della notte… Hanno paura delle imboscate mortali dei felini”, disse Akil indicando una mandria di gazzelle. James da buon fotoreporter puntò la reflex e scattò a raffica.
“Siamo quasi arrivati. Sulla tua sinistra, African buffalo allo stato brado? Quelli che alleviamo noi sono circa cinquecento capi, lì teniamo all’interno di questo recinto”, disse Akil indicando una lunga staccionata di color bianco alla loro destra.
“Il recinto tiene lontano gli animali feroci?” Domandò James.
“Si spera… Cercherai i predatori per la tua caccia fotografica?”
“Non solo, penso a tutti i grandi dell'Africa: leopardo, ghepardo, rinoceronte, leone, giraffa e bufalo. Ma vorrei incontrare da vicino i leoni”
“Li vedrai, sono le mandrie di bestiame che conquistano nuovi pascoli le loro prede preferite: in primis i bufali, poi gazzelle e zebre. Il banchetto si conclude con gli avvoltoi…Una danza macabra, ma è la vita della savana”, rispose sorridendo Akil, che poi aggiunse:
“Ma le maggiori emozioni le offre il delta quando si scivola in canoa lungo gli stretti canali, coperti di ninfee, là tra i papiri e i canneti si insinua lui, il killer più feroce di tutti chiamato: ippopotamo”
“L’ippopotamo?” Domandò ridendo incredulo James.
“Non ne hai mai visto uno da vicino? Allora ti accorgerai di quanto possa sembrare minaccioso un ippopotamo, se lo osservi nel suo habitat da una fragile piroga, e ti ricorderai con un brivido la statistica che indica che in Africa quell’enorme bestione miete in media millecinquecento vittime all’anno”
“Un vero assassino!” Sentenziò il reporter.
“Assassino? Se si rispetta non attacca l’uomo. Tutti gli animali tra di loro sono assassini innocenti, vedi l'ippopotamo, ad esempio, un gigante, lungo fino a quattro metri, pesa due o tre tonnellate, apparentemente tranquillo, in realtà gelosissimo del suo territorio: nel suo spazio vitale non tollera alcuna intrusione e attacca immediatamente. I suoi canini inferiori sono lunghi mezzo metro. Tutto qua nella savana è pericoloso… Dai morsi dei serpenti alle punture d’insetti è la legge della natura”, concluse Akil. “
“Quindi pensi che l’ippopotamo sia comunque il killer più spietato?”
Akil tirò un sospiro e rispose:
“No. In Africa il killer più spietato è l'homo sapiens, lui è in grado non solo di uccidere individui della stessa razza in modo programmatico, ma anche di torturare, godere delle sofferenze altrui e praticare il genocidio, come dimostrano le ultime stragi in Ruanda. Nella «guerra» con gli animali, l'uomo dispone di potenza e cattiveria infinitamente superiori, visto che è in grado di eliminare interi ecosistemi”.
Riferimento:https://esteem.app/theneverendingcontest/@kork75/l-ippopotamo-by-kork75