Il disinfestatore

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Fantasmi in casa? Nessun problema, Simone il disinfestatore ha la soluzione. Recitava così il piccolo trafiletto pubblicitario che Chiara strappò dal Giornale. La donna rigirò tra le mani quel pezzetto di carta per giorni, finché esausta prese il telefono e chiamò il disinfestatore. Chiara era disperata, non si dava pace. Non riusciva a capire perché la casa dei suoi sogni, ereditata dalla bisnonna Mafalda: una piccola villetta in riva al lago, era infestata dagli spiriti. Movimenti d’oggetti, rumori di passi, colpi sulle pareti, porte che si aprivano e si chiudevano da sole, stridore di ferraglie e poi la cosa più inquietante di tutte quei continui gemiti, risate e canti nel cuore della notte. Cercò delle risposte logiche, condusse anche delle ricerche, ma l’unica soluzione era quella di vendere e tornare in città. Ricevette numerose richieste, ma restava un problema: ogni qualvolta che un possibile acquirente visitava l’immobile, le spettrali presenze lo facevano scappare. Simone aveva incominciato a occuparsi di paranormale sin da giovane: il suo campo e la sua specializzazione erano le case infestate. In un pomeriggio di metà settembre bussò alla porta di Villa Tranquillità. Chiara aprì e si trovò davanti un ometto minuto di mezza età, calvo, in abito scuro, lenti nere, sigaretta in bocca e un’enorme valigia. 

“La casa è questa…Non c’è dubbio. Loro sono qui”, disse Simone che con fare deciso scostò la ragazza ed entrò, trascinando dietro di sé l’enorme bagaglio. 

“Prego si accomodi pure, ma che maniere…Lei chi è scusi? Per caso è Simone?” chiese titubante Chiara. L’uomo togliendosi gli occhiali, spense la sigaretta con la suola delle scarpe, squadrò la ragazza, sorrise e aprì la valigia sul pavimento. 

“Dolcezza, si sono Simone. Voglio essere il più chiaro possibile: la casa adesso è roba loro”, disse l’uomo rovistando all'interno della valigia. 

“Scusi cosa ha detto? La casa è roba loro? Loro chi? Quella che diavoleria è?” domandò la ragazza indicando la trombetta d’ottone che l’uomo si portò all'orecchio.

“Con questa amica mia li terrai sotto controllo. Tieni ascolta”, disse Simone porgendo il curioso auricolare. Chiara ascoltò attentamente quelle voci erano i suoi oggetti, i suoi mobili i suoi suppellettili che parlavano, ridevano e litigavano tra loro. 

“Non ci posso credere ho appena ascoltato una surreale discussione tra lo specchio del bagno e il mio asciugacapelli: criticano la mia pettinatura”, disse la ragazza passandosi la mano tra la folta capigliatura in una smorfia di disapprovazione. Poi diresse la trombetta acustica in direzione della cucina. Il frigorifero di nome Pippo stava discutendo animatamente di sport con la televisione, la partita della sera prima secondo il diciannove pollici era stata palesemente condizionata dalle decisioni arbitrali. 

“Basta tieni lontano da me questo coso infernale!”, sbraitò Chiara allungando l’oggetto a Simone. Il disinfestatore non prese la cornetta acustica ma si accese un'altra sigaretta, diede una lunga aspirata e disse: “Senti bella mia con quell'aggeggio hai un vantaggio su di loro. Puoi sentire cosa dicono e credimi alla lunga potresti trarne un vantaggio. Gli oggetti hanno sempre una storia da raccontare e qualche segreto nascosto da custodire”

“Gli oggetti? E chi li anima uno spirito maligno? Un fantasma?” domandò chiara aggrappata forte alla manica della giacca di Simone. 

“Non lo so e chi può dirlo”, rispose l’uomo scrollandosela d’addosso.

“Non diceva di essere l’esperto? Mi dica le cose come stanno! Ci sono gli spiriti in questa maledettissima casa? Sono pericolosi?”.

“Ascolta e fattene un’idea. Da esperto comunque dico che non sono malvagi”, rispose l’uomo appoggiando la cornetta all'orecchio della ragazza. Simone tirò forte una boccata di fumo e spense la sigaretta sotto lo sguardo severo di Chiara nel posacenere del soggiorno. L’oggetto emise un forte grido di dolore, sobbalzò di alcuni centimetri e singhiozzando disse: “Mi vuoi ustionare? Siete tutti uguali voi umani non avete rispetto per niente. Guardami bene, non lo vedi che sono un fine oggetto di vetro di murano del settecento. Imbecille!”.

La ragazza non fece in tempo a sentire le parole siete tutti uguali, che era già in giardino e urlò: “Io qua dentro ci esco pazza!”. Però ormai la sua morbosità era arrivata a un punto tale che non poté più far a meno dell’auricolare, e una conversazione tra un quadro e un vaso attirò la sua attenzione. I due parlavano di qualcosa di prezioso e di valore appartenuto a Mafalda. Era chiaro che all'interno di quella casa dentro a un vaso si nascondeva un tesoro. Simone si sedette fuori sui gradini del portone, mentre Chiara ormai da ore con il suo strano auricolare correva e spostava oggetti per casa. 

“Ehi allora io vado! L’auricolare ora è tuo…Lo puoi tenere. Hai sentito?”urlò l’uomo. 

“Ok, grazie. Penso che non siano cattivi, anzi alcuni sono simpatici: tipo il tostapane”, disse Chiara. Poi sorrise e abbracciò l’uomo, che impassibile fece una smorfia d’insofferenza, si infilò gli occhiali, si accese una sigaretta e con la sua valigia senza voltarsi sparì nelle luci del tramonto.


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