Cisti 

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“Non va... Non va...Non appena ho finito d’infornare sento i piedi freddi come marmo: deve essere la circolazione...” Sbuffo Daniel l'aiuto fornaio filippino.
“Un, punto d'appoggio. Trovati un punto d’appoggio, saremo investiti da una fortissima libecciata”, disse Carlo il panettiere di bordo, ma per tutti Cisti: come il fornaio personaggio della novella del Boccaccio, non certo per via della sua passione per la letteratura, ma per la sua predisposizione al buon vino, alla compagnia e alla smisurata bontà d’animo.
“Capo, il mare mosso lo reggo bene… Ma perché tutta questa focaccia?” Domandò il giovane garzone di origine peruviana che Cisti aveva ribattezzato “Mollica”.
Cisti, facendo partire l’impastatrice, spiegò che l’andamento della cucina cambiava completamente con condizioni meteo avverse: sia in qualità che in quantità. Aprendo poi l’e-mail dello Chef, il fornaio constatò che diverse portate, in tale circostanza, erano state soppresse dal menù settimanale.
“State certi che, in generale, i passeggeri in questi giorni di buriana non hanno fame. Circa un terzo di essi non andrà neanche a tavola e si limiterà a starsene sdraiato in cabina o sopra coperta, sorbendosi qualche gelato o qualche spremuta di limone; un altro terzo si recherà a tavola e si siederà con atteggiamento più o meno spavaldo, ma scomparirà presto; un altro terzo cercherà di persistere fino verso la fine del pranzo, ma anche questi, quasi tutti, abbrevieranno sensibilmente la loro permanenza nella sala da pranzo e manifesteranno il desiderio di prendere aria”, commentò Cisti rispondendo all’email del capocuoco che per i due giorni di navigazione chiedeva di aumentare la produzione di pane, torte salate, pizzette e focacce.
“Altro problema è quello della scelta dei cibi. Quali sono i più ricercati e i più adatti alle condizioni di difficoltà?” Domandò il fornaio ai suoi due aiutanti, mentre con occhio critico controllava i tempi di lievitazione degli impasti premendo con il pollice una per una le decine e decine di forme pronte per essere infornate.
“Questa, questa e anche quest’altra, tenetele coperte con un canovaccio perché non si formi una crosta che può bloccare l’ulteriore sviluppo in forno… Allora Mollica non rispondi?” Incalzò il Capo fornaio.
“Ci sono delle regole precise, per prevenire o mitigare gli effetti spiacevoli, noiosi, avvilenti del... dondolio… Giusto Capo?”
“Continua sentiamo”, disse Cisti facendo di sì con la testa.
“Prima di tutto occorre evitare le sostanze grasse: le bistecche di montone o le braciole di maiale non mi sembrano il caso. Dalla lista delle vivande bisogna pure cancellare le omelette e gli altri cibi di consistenza più o meno spugnosa. Indicatissimi saranno invece gli gnocchi di patate. Penso che in cambusa ne sbucceranno in grande quantità”, rispose ridendo Mollica.
“Bravo Mollica! Con questo dondolio, col terreno che sembra voler sfuggire sotto i piedi, invece della buccia alle patate, è facile che uno si tolga la pelle di qualche dito. Questa di sbucciare le patate durante, il rullio della nave, è un'arte che si acquista solo con lunga esperienza ed esige dei nervi saldi, da vecchi lupi di mare. Più difficile ancora è schiumare il brodo: per far ciò tempestivamente, occorre avere un senso preciso del ritmo; saper cioè cogliere, con la schiumarola, il momento giusto dell'oscillazione del liquido, in corrispondenza di un dato movimento della nave. In cucina bisogna poi essere sempre sommamente ordinati e questo vale anche per noi qua al forno”, disse Cisti indicando le norme di comportamento appese alla paratia da adottare in caso di mare mosso.
“Le nostre teglie, una volta infornate, sono tenute salde da grosse sbarre, perché non possano scorrere e scivolare; e, inoltre, questi moderni forni sono a chiusura ermetica. Ma guai a non deporre un cucchiaio, un coltello, un mestolo, o le teglie nei loro armadietti, mentre le pale e vari arnesi vanno sempre attaccati ai loro sostegni. Sapete perché? Presto esse scorreranno via e andranno a cacciarsi dove non è più possibile trovarle. Poi ci viene incontro la tecnologia; questo bellissimo forno ha un’importante innovazione che, sfruttando il fenomeno della pirolisi, permette la pulizia del forno in modo totalmente automatico. Ma ricordate ci vuole tutta la calma, l’esperienza e la bravura professionale, per controllare gli scherzi atroci delle raffiche di libecciata”, concluse Cisti affondando le punta delle dita nella pasta fino a toccare la teglia, in modo da formare tante fossette.

“Focaccia ligure?”, ribatté Mollica osservando il Capo fornaio.
“Bravo, mi sorprendi sempre di più. Continua così e diventerai un ottimo panettiere”, rispose sorridendo Cisti.
“La focaccia, non la pizza bianca! Mi raccomando… La focaccia è una combinazione di tre elementi consoni a un popolo di mare: farina, acqua, sale e olio extravergine. Le origini di questo piatto appartengono alla storia antica. Secoli fa, quando la Liguria era terra di conquista e i corsari vi approdavano in continuazione, gli abitanti dei paesi, si rifugiarono sui monti, portandosi dietro poche cose: farina e olio, quando cioè ne rimaneva nelle vecchie case e nei magazzini non depredati. La focaccia nacque così, nel temporaneo esilio per sfuggire ai conquistatori. Fu un piatto di guerra che però ha continuato la sua tradizione”, intervenne l’aiuto fornaio, che non si era risparmiato un attimo a stendere e a infornare pizze e focacce in tutte le loro varianti con olive, cipolle, salvia e persino con le acciughe, per poi concludere:
“Non è consigliabile affrontare il mare mosso a stomaco vuoto né a pancia troppo piena. Dicono che bisogna evitare l’alcool, il latte, le bevande gassate, il caffè o il tè o quelle acide, come le spremute d’arancia. Meglio consumare pane secco o alimenti salati, ecco perché domani mangeranno tutti volentieri le nostre focacce”.
“Daniel, ora tocca a noi la prova del nove… Mollica taglia che assaggiamo”, disse Cisti stappando una bottiglia di Pigato ligure.
“Si dice che una bella sbronza e una lunga dormita è molto utile a combattere la nausea e il mare mosso. Ragazzi, distribuite e consegnate il tutto, poi rassettate e mettete in sicurezza il materiale come vi ho insegnato. Io me ne vado in cabina… Ci si rivede domani notte”, e così salutando con fare bonario, Cisti si portò via sottobraccio la bottiglia di bianco.


Racconto di proprietà dell'autore (kork75) e originalmente pubblicato sul suo blog: https://hive.blog/hive-146620/@kork75/cisti-un-racconto-by-kork75

Saluti by kork75!

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