A&A NewYorkCompany

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I due uscirono a passo svelto dalla location, stremati ed esausti dall’ennesimo fashion week. Adam il più giovane dei due era un tipo atletico, sulla quarantina, abbronzatissimo, con lunghi capelli neri raccolti in una coda. Adam quella sera indossò: un paio di jeans a zampa d’elefante, una giacca in pelle di serpente e una camicia bianca spiegazzata. L’altro di nome Artur era alto e magro, con capelli biondi a caschetto. Per l’ultima serata, mise una camicia hawaiana su un paio di jeans a vita alta. Tutti i capi indossati dai due uomini erano firmati dal loro brand: A&A NewYorkCompany.
Adam alzò il braccio per attirare l’attenzione della limousine parcheggiata sul lato opposto del marciapiede e rivolgendosi al socio in affari commentò:
“Per me è stata una sorpresa”
“E che sorpresa! Poi stasera ha sfilato molto meno nuda del solito. Non l’hai notato?”, domandò l’altro, passandosi la mano tra i biondissimi capelli.
I due evitarono abilmente i flash e le domande dei giornalisti, ma salutarono e sorrisero ai numerosi curiosi al di là della transenna. La loro vettura si fermò proprio al centro del red-carpet. L’abbrunito salì rapidamente a bordo, chiuse la portiera e fece cenno all’autista di partire. Si mise comodo, infilò la mano nel frigo bar, aprì una lattina di birra e ne passò una al suo socio d’affari, poi appagato sparò a tutto volume la hit dance del momento.

“Adam…Non mi hai risposto. Cosa ne pensi di Avelina?”, ridomandò Artur tracannando la lattina.
“Quella gallinella russa, è talmente bella che è quasi imbarazzante. A volte si permette pure il vezzo di sedurre scoprendo solo un ginocchio. Sai quanti anni ha?”, ribatte lo stilista accendendosi una sigaretta e abbassando il finestrino.
“Sicuramente troppo giovane per noi. Ma se vuoi saperlo stiamo andando a prendere Sofia, lei sa tutto sulle nostre modelle”
“Già Sofia. Meno male che questa settimana è rimasta oltre oceano ed è arrivata solo oggi. Come si fa chiamare ora? La product manager? Odio quella megera, ma non ne posso fare a meno”
“Ho il sentore che anche lei ti detesta. D’altronde il più simpatico dei due risulto essere io. Adesso prima che la vecchia si alteri: spegni quella sigaretta, abbassa la musica e datti una sistemata”, sentenziò Artur strappando la sigaretta dalla bocca dal socio e gettandola fuori dall’auto.
L’appuntamento al loro atelier parigino fu fissato per le ventitré in punto. La serata tutto sommato andò secondo le aspettative dei due stilisti e la presentazione della loro nuova collezione autunno-inverno ricevette discreti apprezzamenti, ma quello che preoccupò maggiormente i due uomini fu la scelta delle modelle, e i capi indossati in passerella, e la discussione appena i tre misero piede nel loro studio si indirizzò subito su quell'argomento.

“Ma bravi, un anno intero di lavoro e devo leggere queste critiche?” esordì Sofia mostrando dritto in faccia ai due stilisti, un articolo di giornale firmato da un noto critico di moda. I due sorridendo compiaciuti senza degnarla di uno sguardo, si planarono sul divano dell’ufficio.

“Tranquilla, quell'articolo e di cinque giorni fa, oggi erano tutti soddisfatti, la nostra collezione li ha conquistati!” enfatizzo Adam battendo il cinque al collega.
Sentite cosa scrive: indossare pelli vere è come portare dei cadaveri! Questo dichiara Avelina Virkovienko la giovane modella di punta degli stilisti americani A&A…Devo continuare? Insomma, vi lascio da soli una settimana e non sapete gestire una ragazzina viziata”, sentenziò Sofia lanciando nel cestino dei rifiuti il quotidiano.
“A dire il vero, la vena animalista della Virkovienko ha sorpreso anche noi, ma la ragazza è una professionista e come tale…” cercò di rispondere Adam trattenendo una grassa risata, ma venne travolto dall’ira della loro product manager.
“Silenzio, cosa ridi? È inaccettabile, voi siete gli stilisti e ci mettete la faccia, ma dietro quel tuo sorriso da ebete caro Artur c’è il lavoro di tutta l’azienda, compreso il mio. Sono quindici anni che seguo l’evoluzione dei nostri prodotti dalla progettazione alla realizzazione fino alla vendita e non accetto critiche da una sciacquetta qualunque! Che ora pretende un ingaggio raddoppiato pari a quello delle top model più quotate”, sbraitò la donna lanciando una scarpa contro i due uomini.
Calma, se mi prendi in testa con quel tacco dodici mi uccidi, è tutto sotto controllo, fidati. Ti raccontiamo come è andata”, cercò di mediare Adam riconsegnando l’arma impropria all’iraconda collaboratrice.
Artur prese il portfolio della nuova collezione e si sedette alla scrivania ed invitò la donna a fare altrettanto:
“Come noterai ho depennato tutti gli accessori e i capi d’abbigliamento in pelle presenti nella nostra collezione ‘Anno95’…Ora prima che ti scaldi e mi tiri in testa l’altra scarpa, bisogna che conosci la situazione che si era venuta a creare fuori dal teatro.”
Adam raccontò a Sofia che un gruppo di animalisti, in protesta contro l’uso delle pellicce nelle sfilate, impedì più volte alle modelle di raggiungere la location dell’evento. I manifestanti si scagliarono contro le ignare ragazze minacciandole, vessandole e lanciandogli addosso gavettoni ogni qualvolta queste tentassero di mettere il naso fuori dall’hotel.
“Nel mirino dei dimostranti non c’erano solo le nostre modelle ma anche quelle delle altre case di moda compreso tutti noi creativi. In particolare, gli attivisti si scagliarono contro il direttore stilistico della Sannì. La maison francese, per festeggiare i venticinque anni d’attività si è presentata qui con la stessa collezione in passerella a Londra…Ma Sannì ieri e oggi non ha sfilato”, spiegò Adam disteso sul divano.

“Questo mi sorprende. La conosco bene la collezione Sannì, è un vero capolavoro un’opera d’arte stilistica di valore assoluto, certo le loro modelle sarebbero scese in passerella con capi di pelliccia: lince, zibellino, visone e volpe bianca…, ma arrendersi a quattro contestatori è una sconfitta per loro”, disse Sofia rivolta ad Artur.

“Ma una è vittoria per noi! Già cara mia, e meno male, perché come a Londra anche qui avrebbero oscurato il nostro lavoro”, sentenziò Adam alzandosi e guardando fuori dalla portafinestra.

“Quindi? Non capisco perché stravolgere la nostra collezione?” domandò la donna chiudendo il book.

“Vera pelle o vera morte! Basta alla Barbarie sugli animali! Alcuni degli slogan che urlavano i manifestanti. Le nostre auto come quelle di Sannì furono fermate fuori dalla location e imbrattate con della vernice rossa, le ragazze che erano a bordo rimasero sconvolte e al rientro in albergo, il trovarsi difronte ad altri attivisti le fece cadere in una crisi di pianto e sconforto… Stavamo seriamente pensando di abbandonare anche noi l’evento pagandone le conseguenze e rimettendoci un mucchio di soldi. Poi accade ciò che non ti aspetti…” disse Artur alzandosi in piedi e indicando il poster di Avelina Virkovienko appeso alla parete.

“La ragazza scese dalla macchina e si diresse verso un gruppo d’attiviste; a pochi metri da loro si tolse la salopette, il top attillato e restò a seni al vento. Poi si dipinse il corpo di vernice dovunque: sulla pelle, nei capelli, il tutto per simulare il sangue. Chiamò alcuni giornalisti presenti e rilasciò le dichiarazioni che hai letto. Inoltre, l’articolo si conclude dicendo che la nostra è l’unica casa di moda che ha bandito definitivamente l’uso della pelle e che fa del sintetico d’alta qualità lo stile del proprio brand”, continuò Adam e concluse Artur:
“Ora viene il bello, ero già pronto a fare i complimenti alla ragazzina per aver salvato la nostra sfilata, quando questa mi si avvicina tutta dipinta di rosso e mi dice: amico da oggi decido io quanto guadagno, quali modelle scegliere durante i casting, a che ora arrivare al lavoro e per quali cataloghi e campagne pubblicitarie posare. Inoltre, decido anche a quali sfilate partecipare. Insomma, ci ha costretti a togliere dal catalogo tutto ciò che era in pelle, ma ne è valsa la pena, abbiamo praticamente ottenuto un enorme pubblicità mediatica che ci porterà una montagna di dollari, stanne certa.”
Sofia ascoltò con interesse e attenzione le parole dei suoi due soci e commentò:
“Quindi Adam, l’unica cosa in pelle del nostro marchio e venduta su questo catalogo, è quella orrenda giacca di serpente che ti sei messo stasera?”
“In verità ho dovuto mentire dicendo che è sintetica. Inoltre, ho portato solo questa da New York e di certo non mi vesto dalla concorreza”, rispose Adam ridacchiando soddisfatto.

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