McCarthy's apocalypse is all intimistic and human. Greed and corruption lead man to an inevitable point of no return which corresponds to total and complete psychological self-destruction, first and then physically. The breaking down of all moral limits creates infinite spaces of solitude in which it becomes almost impossible not to get lost permanently. No return, no redemption, because the evil worlds can only be extinguished with the end of those who created them and in the meantime we survive only by playing to their rules, however incorrect and unfair. Once you have crossed the boundaries of good and evil, everything and the opposite of everything becomes possible, but the doors you leave behind remain forbidden accesses, escape routes impracticable because closed forever.
In Juarez, three criminal businessmen and a lawyer involved in the trade of the local drug cartel suffer the effects of the theft of a drug lot. While the local underworld lords are comfortable with the mechanics of a life in which death is an option that can be realized at any moment, the lawyer lives and loves like a normal person, regardless of the risks. of his profession. His unfortunate coincidence has it that in the past he had the person responsible for the theft among his clients, consequently he and all those close to him have become the next target of the repression operated by the cartel.
McCarthy, as is inherent in his style, seems to prophesy a frighteningly possible future. The judgment remains suspended. No intention of pointing the finger at anyone or anything. No condemnation when we are all indiscriminately guilty. McCarthy makes a cut on the backdrop of the scene that separates the present from the future (or at least the most probable future among those possible). He lets the viewer peek long enough to show him the final destination we would be heading to if we continued traveling in this direction. Pocketing the concession of the privilege of looking beyond, it is up to man, to each man, to decide whether to continue along this path or change direction as long as there is time.
What is not known is whether we still have time and how long we will still be. Like an 'Asscher-cut' diamond, the whole story has an admonitory and prophetic character: on the one hand the aspiration of man to immortality, on the other the awareness of the impossibility of immortality. The man who fights against the inevitable, stubbornly to walk paths that are closed to him, is doomed to fall and fail.
McCarthy and Scott skillfully and elegantly orchestrate a profound philosophical text and a masterfully sublime team of performers. The result is an excellent symphony that touches sore frets without ever playing out of tune strings. Remarkable and commendable.
## ITA
È tutta intimistica ed umana l’apocalisse di McCarthy. L’avidità e la corruzione conducono l’uomo verso un inevitabile punto di non ritorno che corrisponde alla totale e completa autodistruzione psicologica, prima e fisica, poi. L’abbattimento di ogni limite morale crea spazi infiniti di solitudine in cui diventa quasi impossibile non perdersi definitivamente. Nessun ritorno, nessuna redenzione, perché i mondi malvagi possono estinguersi solo con la fine di chi li ha creati e intanto si sopravvive solo giocando alle loro regole, per quanto scorrette e sleali. Varcati i confini del bene e del male diventa possibile tutto e il contrario di tutto, ma le porte che ci si lascia alle spalle, quelle restano accessi proibiti, vie di fuga impraticabili perché chiuse per sempre.
A Juarez tre affaristi della malavita e un avvocato implicato nei traffici del cartello della droga locale subiscono gli effetti del furto di una partita di droga. Mentre i signori della malavita locale sono a loro agio con i meccanismi di una vita in cui la morte è un'opzione che si può realizzare da un momento all'altro, l'avvocato vive e ama come una persona normale, senza curarsi dei rischi della sua professione. Per sua sfortuna coincidenza vuole che in passato abbia avuto tra i suoi clienti proprio il responsabile del furto, di conseguenza lui e tutti quelli a lui vicini sono diventati il prossimo obiettivo della repressione operata dal cartello.
McCarthy, come è insito nel suo stile, sembra profetizzare un avvenire spaventosamente possibile. Il giudizio resta sospeso. Nessuna intenzione di puntare il dito contro qualcuno o qualcosa. Nessuna condanna quando si è tutti indistintamente colpevoli. McCarthy pratica un taglio sul fondale della scena che separa il presente dal futuro (o almeno del futuro più probabile tra quelli possibili). Lascia che lo spettatore sbirci il tempo necessario a mostragli la destinazione finale verso la quale saremmo diretti se continuassimo a viaggiare in questa direzione. Intascando la concessione del privilegio di guardare oltre, sta all’uomo, a ciascun uomo, decidere se proseguire lungo questa strada o cambiare direzione finché si è in tempo.
Quello che non si sa è se siamo ancora in tempo e per quanto tempo ancora lo saremo. Come un diamante ‘taglio Asscher’ tutta la vicenda ha carattere ammonitorio e profetico: da una parte l’aspirazione dell’uomo all’immortalità, dall’altra la presa di coscienza dell’impossibilità dell’immortalità. L’uomo che lotta contro l’inevitabile, ostinandosi a percorrere strade che gli sono precluse è destinato alla caduta e al fallimento.
McCarthy e Scott orchestrano abilmente e con elegante discrezione un testo profondamente filosofico e un team di interpreti magistralmente sublime. Il risultato è un’eccellente sinfonia che tocca tasti dolenti senza mai suonare corde stonate. Notevole e lodevole.