Movie Review: The Fuhrer's Tub

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3 years ago

Model, carefree girl, restless soul, free woman, passionate photojournalist, tireless traveler, narrator - with images and words - of both beauty and horror. Elizabeth Miller Penrose was the woman who took a bath in the führer's tub, mocking that 'frustrated evil that she finds nothing and therefore banal', in Harendt's words.

Lee Miller was a pioneer of the first half of the twentieth century, in the years when freedom was truly a mission and an achievement. Friend and lover of avant-garde artists, rebellious genius who at a certain point takes off her clothes from the catwalks and wears her uniform - without ever giving up lipstick - to discover, behind the eye of her Rolleiflex, the horror of a war that it was incredible but 'all true'.

Eternally torn between the desire for freedom and the need for security, everyone who loved Lee Miller loved her to the point of letting her go. And maybe she would come back. Not from the war, though. From hers, Lee Miller never returned and retired to Farley Farm, Sussex, she spent the rest of her life denying her past, hiding it, forgetting it among the delicacies of a new prodigious cook what she had become.

Imperfect mother of a son who learned to know her only after her death, among the paintings and shots of a bygone time but never really forgotten. The unstable mood, the fear of abandonment, alcohol: Lee Miller's descent into hell has never extinguished the desire to find, to the last breath, her elsewhere in her sunny side of her.

Like a canvas torn in the heart of the desert which is an unconscious window to a space beyond to come. Lee Miller was a muse, a girl, a woman, with an impossible character in an impossible time, whose existence has illuminated many others, as well as being an eyewitness and narrator of a dark time, which cannot and should not be buried by the dust of the days.

Serena Dandini fervently tells of an extraordinary woman who becomes the fulcrum of over half a century of twentieth century history. An equally extraordinarily unforgettable era, for all the artistic beauty and for all the (dis) human horror of which she was capable. Horror that is always upon us, because it is a banal thought that can only be overcome and overcome by the strength of beauty. Like that of an incorrigible and talented woman. As dangerous as it is fascinating.

ITA

Modella, ragazza spensierata, anima inquieta, donna libera, fotoreporter appassionata, viaggiatrice instancabile, narratrice - con le immagini e le parole – tanto della bellezza, quanto dell’orrore. Elizabeth Miller Penrose è stata la donna che ha fatto il bagno nella vasca del führer, sbeffeggiando quel male ‘frustrato che non trova nulla e per questo banale’, per dirlo con le parole di Harendt.

Lee Miller fu una pioniera della prima metà del Novecento, negli anni in cui la libertà era davvero una missione e una conquista. Amica e amante di artisti d’avanguardia, genio ribelle che ad un certo punto toglie gli abiti delle passerelle e indossa la divisa – senza mai rinunciare al rossetto – per scoprire, dietro l’occhio della sua Rolleiflex, l’orrore di una guerra che era incredibile ma ‘tutto vero’.

Eternamente combattuta tra il desiderio di libertà e il bisogno di sicurezza, tutti quelli che hanno amato Lee Miller l’hanno amata fino al punto da lasciarla andare. E magari lei tornava. Non dalla guerra, però. Da quella, Lee Miller non ha mai fatto ritorno e ritiratasi a Farley Farm, nel Sussex, ha passato il resto della sua vita a negare il suo passato, ad occultarlo, a dimenticarlo tra i manicaretti di una nuova prodigiosa cuoca quale era diventata.

Madre imperfetta di un figlio che ha imparato a conoscerla solo dopo la sua morte, tra i dipinti e gli scatti di un tempo andato ma mai davvero dimenticato. L’umore instabile, la paura dell’abbandono, l’alcool: la discesa negli inferi di Lee Miller non ha mai spento il suo desiderio di trovare, fino all’ultimo respiro, il suo altrove assolato.

Come una tela strappata nel cuore del deserto che è una finestra inconsapevole verso uno spazio di là a venire. Lee Miller è stata una musa, una ragazza, una donna, dal carattere impossibile in un tempo impossibile, la cui esistenza ne ha illuminate molte altre, oltre ad essere stata testimone oculare e narratrice di un tempo buio, che non può e non deve essere sepolto dalla polvere dei giorni.

Serena Dandini racconta, con fervore, di una donna stra-ordinaria che diventa fulcro di oltre mezzo secolo di storia del Novecento. Un’epoca altrettanto straordinariamente indimenticabile, per tutta la bellezza artistica e per tutto l’orrore (dis)umano di cui è stata capace. Orrore che è sempre alle porte, perché è un pensiero banale che potrà essere sopraffatto e vinto solo dalla forza della bellezza. Come quella di una donna incorreggibile e talentuosa. Tanto pericolosa, quanto affascinante.

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3 years ago

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