The power of marketing and marketing in power, smartphones that are anything but smart, the myth of immediate success and at all costs, the oblivion of dawn and the loss of the sense of time. Human beasts and human beasts, the disappearance of diversity, the flattening, not knowing how to lose and not knowing how to lose oneself, liquid sexuality. And again, the rediscovery of death, the fear of fear and the symptom.
Fear of bodies and each other. The end of the era of fire by Martin Caparrós is an anthropological journey that does not skip any stage, an excursus that does not spare any aspect of contemporary society, focusing (not surprisingly) on a civilization, ours, confused and nebulous and all 'other than illuminated although dominated by lights and backlights coming from the most disparate and the most artificial sources. The verdict condemns us all, at every level and degree and inexorably.
Nobody excluded, all guilty. All executioners and victims at the same time, of ourselves. We are the society of the without and of the fire that does not burn, the civilization of fear and two-dimensionality. We live in the era of the contradiction of progress, which proceeds at a brisk pace towards exhaustion and exhaustion. Billions of minimum survival units that, frightened, no longer know which fish to take and advance - regressing - in free fall. The gravity that draws us down is not only a force but also the definition of an emergency that has passed the point of no return. Probably, the only and last lifeboat would be doubt: stop believing and start asking questions, doubting, questioning and questioning ourselves again. Feeling part of a system and admitting to ourselves that we cannot dominate it but that it dominates us.
Stop believing the lies that have - apparently - kept us alive so far, only to realize that we have turned into a zombie humanity. Living dead who do not know they are dead and live by inertia. But for how long?
Caparrós' essay is a slap in the face, with the aggravating circumstance that both the hand and the face are ours and if this present is too hot it is not only for global warming, perhaps it is the last great blaze, the most high before the final extinguishing with fire. And we with him.
## ITA
Il potere del marketing e il marketing al potere, gli smartphone che sono tutt'altro che intelligenti, il mito del successo immediato e a tutti i costi, l'oblio dell'alba e la perdita del senso del tempo. Le bestie umane e gli umani bestie, la scomparsa della diversità, l'appiattimento, il non saper perdere e non saper perdersi, la sessualità liquida. E ancora, la riscoperta della morte, la paura della paura e del sintomo.
La paura dei corpi e dell'altro. La fine dell'era del fuoco di Martin Caparrós è un viaggio antropologico che non salta nessuna tappa, un excursus che non risparmia nessun aspetto della società contemporanea, mettendo a fuoco (non a caso) una civiltà, la nostra, confusa e nebulosa e tutt'altro che illuminata sebbene dominata da luci e retroilluminazioni provenienti dalle sorgenti le più disparate e le più artificiali. Il verdetto ci condanna tutti, ad ogni livello e grado e inesorabilmente.
Nessuno escluso, tutti colpevoli. Tutti carnefici e vittime al tempo stesso, di noi stessi. Siamo la società del senza e del fuoco che non brucia, la civiltà della paura e della bidimensionalità. Viviamo nell'era del controsenso del progresso, che procede a passo spedito verso l'esautorazione e l'esaurimento. Miliardi di unità minime di sopravvivenza che, impaurite, non sanno più che pesci prendere e avanzano - regredendo - in caduta libera. La gravità che ci attrae verso il basso non è solo una forza ma anche la definizione di un'emergenza che ha superato il punto di non ritorno. Probabilmente, l'unica e l'ultima scialuppa di salvataggio sarebbe il dubbio: smettere di credere e ricominciare a farsi domande, a dubitare, a mettere e a metterci in discussione. Sentirci parte di un sistema e ammettere a noi stessi che non possiamo dominarlo ma che ci domina.
Smettere di credere alle menzogne che ci hanno - apparentemente - tenuti in vita sinora, salvo renderci conto che ci siamo trasformati in un'umanità di zombie. Morti viventi che non sanno di essere morti e vivono per inerzia. Ma per quanto ancora?
Il saggio di Caparrós è uno schiaffo in faccia, con l'aggravante che sia la mano che la faccia sono le nostre e se questo presente è troppo caldo non è solo per il surriscaldamento globale, forse è l'ultima grande vampa, la fiamma più alta prima dello spegnimento definitivo col fuoco. E noi con lui.